Donald Trump e il ‘muslim ban’
Haamed Khalid ha un solo desiderio: ricongiungersi con la moglie che ha visto per l’ultima volta quatro anni fa e che ora è rifugiata politica a Houston. Il profugo iracheno viaggiava con parte della famiglia, autorizzato dalla Green card a mettere piede su suolo americano; atterrato al JFK, è stato preso in consegna dalle autorità di frontiera e c’è voluto l’intervento del deputato Jenny Nadler di New York per ottenerne il rilascio. Uno scienziato iraniano diretto a un laboratorio di Boston è stato fermato, e così una famiglia siriana che intendeva rifarsi una vita in Ohio; aveva impiegato due anni per ottenere il visto d’ingresso.
Venerdì 27 gennaio il neo-eletto presidente ha infatti lanciato l’offensiva contro sette paesi “propensi al terrorismo”: Iraq, Iran, Siria, Yemen , Libia, Somalia e Sudan. Tutti i cittadini provenienti da questi paesi non potranno venire negli Stati Uniti per quattro mesi, anche se già in possesso di green card.
Gli Stati Uniti insorgono contro il “muslim ban”. Gli attorney general di 15 stati e della capitale hannoemesso una dichiarazione congiunta con cui condannano come incostituzionale il bando, sostenendo che la libertà religiosa sia un principio fondamentale del Paese. Nel frattempo sono esplose le proteste in tutto il paese; dall’aeroporto JFK alla Casa Bianca e per numerosi scali nazionali. “No ban no wall” accompagna “Dump Trump”, “We all are American” e “Let them in”.
A manifestare sono scese anche le donne nella Women’s March on Washington, nata per promuovere i diritti delle donne e LGBT e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla disparità razziale. Sul palco sale Madonna e attacca verbalmente, senza troppi giri di parole, il presidente (“fuck you”, grida), il quale ribatte che è semplicemente “disgustosa”.
Da Theresa May, premier del Regno Unito, alla cancelliera tedesca Angela Merkel e Justin Trudeau, primo ministro canadese; dai conservatori scozzesi a Zuckerberg e Tim Cook, fino a scrittori (Stephen King) e intellettuali: tutti, sia pure con diverse sfumature, contestano la persona e la politica del nuovo presidente.
Prima fra tutti era stata la pluripremiata attrice hollywoodiana Meryl Streep. In occasione del ricevimento del Golden Globe alla carriera, aveva tenuto un inusuale e lungo discorso di ringraziamento, parlando di Trump e di quello che Hollywood, la stampa e gli artisti dovrebbero fare per non assecondare le sue intenzioni razziste e xenofobe e “salvaguardare la verità”. “Hollywood è piena di outsiders e stranieri, e se li cacceremo non resterà altro da guardare che il football e le arti marziali.” Poi aveva attaccato la persona che “chiede di sedere nel più rispettabile seggio del nostro Paese”, ricordando la performance in cui imitò, umiliandolo, un giornalista disabile che lo aveva criticato. “È questo istinto di umiliare l’altro, quando è impersonato da un potente, arriva nella vita di tutti quanti; la mancanza di rispetto causa altra mancanza di rispetto, la violenza altra violenza”.
Bianca Curioni, Marta Manara, Marco Palombelli, Viola Panigada, Pietro Zocche