Manet in mostra a Milano
- Categories Arte e Cultura, Carpe Diem
- Date 11 Aprile 2017
Manet e la Parigi moderna, Palazzo Reale, Milano
Sappiamo che, a volte, Palazzo Reale ha il potere di trasformarsi in una macchina del teletrasporto spazio-temporale capace di accompagnarci in luoghi lontani che altrimenti non potremmo visitare. Se dall’8 marzo 2017 al 2 luglio passando da Piazza del Duomo vi verrà la curiosità di provare questa esperienza, dovrete varcare la soglia del palazzo, attraversarne il cortile, salire lungo la maestosa scalinata che vi condurrà alla biglietteria e acquistare un biglietto per Parigi. Ciò che vi verrà consegnato tra le mani, però, non sarà un semplice biglietto aereo che ha come destinazione l’aeroporto “Charles de Gaulle”, ma la maniglia di una finestra che, una volta aperta, vi farà affacciare su un nuovissimo “boulevard” della Parigi a cavallo tra il 1860 e il 1870. La capitale francese era in bilico tra lo sgretolamento del conformismo tradizionale del Secondo Impero e l’imminente tempesta che aprirà la strada dell’Impressionismo e della pittura moderna in generale. Parigi, sotto la guida dell’urbanista Haussmann, iniziava a “vestirsi” come le più grandi metropoli europee dell’epoca, “indossando” grandi vialoni monumentali ed edifici in vetro e acciaio.
E così potrete osservare questo rinnovamento attraverso una lunga serie di progetti inseribili in un piano regolatore che prevedeva numerose modifiche anche di facciate di abitazioni private. Ma Parigi non diventerà la capitale della moda e dell’arte solo grazie a questi suoi cambiamenti urbanistici: sarà l’epicentro di un terremoto nel mondo dell’arte che ha come fautore l’artista a cui è dedicata la mostra, Edouard Manet. Nell’immaginario collettivo egli è inserito nell’elenco degli impressionisti. In realtà, anche se legato da vincoli di amicizia a diversi esponenti del gruppo, non può essere considerato tale. Renoir disse che egli era per gli impressionisti “tanto importante quanto Cimabue o Giotto per gli italiani del Rinascimento”. Fu una fonte di ispirazione, un maestro che stravolse il panorama artistico dell’epoca, ma il cui stile non coincideva con quello di coloro che fecero delle sue opere un modello da seguire. Non puntava ad acquisire la fama di rivoluzionario: cercò di ottenere il successo all’interno delle istituzioni ufficiali, a cominciare dal Salon e si rifiutava di esporre alle mostre impressioniste.
Le sue fonti di ispirazione principali erano i maestri del passato, dagli artisti della maniera moderna veneziana da cui apprese l’uso del colore agli spagnoli Goya e Velàzquez. In particolare, in una lettera all’amico Baudelaire che, tra le altre cose, si occupava di critica d’arte (fu l’autore del fortunato saggio Il pittore della vita moderna”) rivelò che, secondo lui, Velàzquez era stato il migliore artista della storia. Se il pittore dell’annuncio della modernità è Manet, il poeta è Baudelaire; per questo motivo la mostra che celebra il preludio di quella nuova era di artisti non può che essere scandita da continue citazioni del poeta maledetto. Esse non possono mancare, insieme alle numerose opere di altri artisti che in quel decennio scrissero un capitolo nuovo della storia dell’arte se vogliamo che il nostro viaggio in quella sorta di Arcadia artistica che era Parigi tra il 1860 e il 1870 sia perfetto in ogni dettaglio.